OFFUSCARSI NEL CIBO

 Conosciamo tutte le regole del saper vivere bene, conosciamo razionalmente le regole per un corretto e sano stile di vita, ma siamo sempre in lotta con il cibo e con il corpo, nelle varie forme della sua privazione, delle sue abbuffate  e del suo controllo, e siamo sempre alla ricerca di diete miracolose, prodotti e pillole magiche, operazioni devastanti che possano regalare felicità o incastrati in pensieri rigidi e controllati verso una monotonia alimentare che spegne piacere e creatività.
Forse il bisogno è, di avere un nutrimento diverso?
Deleghiamo al cibo funzioni che non ha e che non può ottemperare se non in un tempo troppo esiguo, trasformando inconsapevolmente il nostro corpo in una prigione che ci fa volare basso. Vi lascio con una poesia di Margherita Guidacci dal titolo Prigione.

Le sbarre d’ombra sono le vere sbarre,
non saranno divelte
tu, confini con l’aria,
tocchi gli alberi,
cogli i fiori,
sei libera,
e sei tu stessa la tua prigione che cammina
“Prigione”

                     

Adorato maledetto cibo

Adorato e maledetto cibo, ma quanto è difficile trovare e mantenere, soprattutto, un equilibrio alimentare? È solo forza di volontà? Le cause sono sicuramente multifattoriali, ed oggi questo problema si presenta in modo sempre più pressante e con una crescita esponenziale, interessando una fascia della popolazione sempre più ampia, con varie tipologie di manifestazione comportamentali presenti non solo in chi è sottopeso, sovrappeso, o obeso, ma  anche nei normopeso. Quando si parla di alterazione del comportamento alimentare, quasi automaticamente il nostro pensiero va a quei disturbi strutturati ben noti da cui prendiamo le distanze, parlo di anoressia, bulimia, bed (abbuffate da alimentazione incontrollata), oggi, si assiste ad un proliferare di situazioni cocktail, che mutano quanto si sviluppano in modo veloce. Il cibo non ha solo funzione nutritiva, il cibo è relazione, è nutrimento dell’anima, è consolazione, col cibo ingoiamo emozioni che non trovano la loro naturale espressione, ingoiamo paure, ansia, affetto, ingoiamo per riempire vuoti, per creare vuoti, ed il sano e regolatore senso di fame e sazietà sembra un meccanismo preistorico, di cui si ha solo un vago ricordo narrato.

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L’ Anatroccolo stressato e il nutrimento emotivo

In Inghilterra, (notizia tratta dall’express-news.it), un anatroccolo sfuggito miracolosamente all’attacco di un gabbiano, che ha però sterminato tutta la sua famiglia, è stato portato in un centro di soccorso, ma il piccolo orfano, per lo stress ed il trauma subiti, si rifiutava di mangiare e bere, così gli operatori presenti decidono di mettere uno specchio vicino, ed il piccolo anatroccolo specchiandosi, ricomincia a mangiare, di nuovo “in compagnia”. Trovo interessante questa tenera storia, e gli aspetti che evidenzio sono fondamentalmente due:  il primo,  è come il  nutrimento del corpo  si realizzi con il nutrimento emotivo, quando il cibo è amore e rappresenta  nutrimento anche psicologico ed affettivo, un canale che trasmette significati  di cura e relazionale al bambino sin dalla nascita con chi lo nutre, la ricerca della protezione dell’ adulto per sperimentare sicurezza, (teoria dell’attaccamento di Jhon Bowlby). Nella nostra storia però il nutrimento emotivo è dato da un’illusione, perché  è bastata un’immagine per creare l’idea all’anatroccolo  di non essere solo, ma proprio questo lo rende interessante, e qui entra in gioco il secondo aspetto,  noi non siamo anatroccoli e con noi non avrebbe funzionato, ma ciò su cui dobbiamo focalizzarci, è che ognuno di noi, ha  sempre le potenzialità in grado di creare le condizioni per superare le situazioni più avverse, una forza che può restare sopita, subire contrasti ed altri danni, ma non può venire distrutta, quella che Rogers esponente della psicologia umanistica definisce “tendenza attualizzante”, una potente tendenza costruttiva nella riorganizzazione della capacità percettive,  una “volontà creativa” fondamentale per l’organismo in quanto lo guida alla sperimentazione verso destinazioni più soddisfacenti” (C.Rogers 1971) .